Giorno della Memoria: affacciati ai cancelli di Auschwitz ricordiamo e condanniamo l’orrore che l’odio ha generato

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La nostra voce, e quella dei nostri figli, devono servire a non dimenticare e a non accettare con indifferenza e rassegnazione, le rinnovate stragi di innocenti. Bisogna sollevare quel manto di indifferenza che copre il dolore dei martiri! – Elisa Springer

auschwitz

70 anni. Tanti sono gli anni trascorsi dal quel 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche irruppero nel campo di concentramento di Auschwitz, ponendo fine all’orrore e svelando al mondo le mostruosità di cui l’uomo è capace. L’inferno, l’uomo è stato in grado di realizzarlo con le sue mani, con metodo e convinzione, originando un abominio che è come un buco nero nella coscienza dell’umanità.

Non ci sono spiegazioni, giustificazioni possibili e soprattutto accettabili che possano dare un senso allo sterminio di massa, al genocidio, che è stato perpetrato. Eppure la nostra memoria è particolare, tende sempre a obliare gli eventi funesti in favore di quelli piacevoli. Ed è stato esattamente questo il pericolo concreto: quello di lasciare che l’orrore si diluisse nel tempo fino a eliminarne le tracce.

Ecco perché l’importanza del Giorno della Memoria, per impedire di scordare il male che, come mai nella storia, ha reso possibile progettare, pianificare e mettere in atto con estrema freddezza l’annientamento non solo di un popolo, quello ebraico, ma anche lo sterminio di oppositori politici, zingari Rom, omosessuali, testimoni di Geova, disabili e malati di mente solo perché, senza nessuna colpa, giudicati non meritevoli di vivere.

Perché, nonostante le numerose e drammatiche testimonianze dei sopravvissuti all’orrore che in tutti questi anni hanno mantenuto vivo il ricordo della Shoah, è vitale che ognuno di noi prenda coscienza e non scordi mai di come la soluzione finale è stato un progetto di morte realizzato nella civilissima Europa dove milioni di persone hanno permesso che ciò accadesse semplicemente voltando la testa dall’altra parte, rinunciando a ragionare con la propria testa, omologandosi al volere altrui.

Che questa giornata divenga un monito contro l’indifferenza e l’assuefazione alla violenza in un mondo in cui la morte viene esibita, spettacolarizzata e riprodotta milioni di volte attraverso i mezzi di comunicazione di massa e che finisce purtroppo molto spesso col generare un interesse morboso e malato nelle persone senza dare esatta coscienza dell’orrore concreto.

Perché, nonostante la Shoah, altri stermini più vicini a noi si sono verificati con nomi e situazioni diverse: il genocidio degli armeni, le vittime dei gulag, la pulizia di classe dei Khmer rossi in Cambogia e – negli anni Novanta – le pulizie etniche in Jugoslavia e in Ruanda oltre ai gas di Saddam Hussein contro i curdi, definiti un popolo che non esiste.

In una realtà in cui sembra che siano gli altri a decidere quando e di cosa indignarsi, cerchiamo di mantenere saldo il nostro libero raziocinio, la nostra capacità di giudizio, evitando di seguire la massa. Cerchiamo di apprezzare il valore e il rispetto della vita e delle diversità altrui affinché non siano viste come un pericolo, ma perché al contrario, nel reciproco rispetto, diventino occasione di conoscenza e accettazione nel difficile cammino della pacifica convivenza. Ecco, questo credo sia il modo migliore per commemorare questo giorno.

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