Che siano passati decenni o solo pochi anni, la maturità, si sa, rimane nel cuore di ognuno. Per qualcuno è il ricordo di un lieto momento, per qualcun altro rimane solo una dura e non sempre soddisfacente circostanza che si cerca di dimenticare.
E, chi si appresta ad affrontarla, si spera per la prima e unica volta, nutre una sensazione che racchiude le emozioni appena descritte: timore che si possa rovinare tutto il lavoro di anni in pochi giorni, ma anche entusiasmo perché si viene a chiudere un ciclo di anni fondamentali per la loro formazione e poi ansia, incertezza, trepidazione. Ed è proprio con questa sfilza di sentimenti che i maturandi 2013, come di consueto, si accingono a festeggiare i cosiddetti Cento giorni alla maturità. Quest’anno ricorrono lunedì 11 marzo, essendo stato stabilita mercoledì 19 giugno la data per la prima prova scritta di italiano e, se la matematica non è ancora un’opinione, i conti portano proprio a lunedì.
Questa ricorrenza, chiamata più abitualmente cento giorni, è una tradizione ormai consolidata non solo nel Salento e, come tale, viene festeggiata in un modo diverso in base alla località (come sempre i detti non sbagliano: “Paese che vai, usanza che trovi!”). Come ormai accade per tutte le “feste”, anche questa, anno dopo anno, si è ingrandita e dalle semplici marinature (le “nnargiate” alla salentina), che raccontano i professori ai loro studenti con un pizzico di nostalgia, si è passati alle vere e proprie gite fuori porta.
A Lecce l’usanza è proprio questa: organizzarsi per classe e, con l’essenziale aiuto dei compagni neopatentati, dirigersi verso una casa al mare, per passare un’intera giornata, completa di pranzo e sana euforia tra compagni di liceo. Ecco, poi, spuntare altre piccole tradizioni: fare un salto a Copertino per rivolgere una piccola preghiera a San Giuseppe (protettore degli studenti), scrivere sul bagnasciuga il voto che si spera di ottenere a conclusione degli esami in attesa che le onde del mare arrivino a coprilo e a cancellarlo, oppure suonare goliardicamente il clacson della propria macchina mentre si fa il giro della scuola (dirigenza permettendo).
Insomma, clacson o no, preghiera o meno, quello dei Cento giorni rimane uno dei ricordi più belli e affascinanti degli anni del liceo, in cui amicizia e spensieratezza scandiscono le ore di un giorno che, si spera, porti un altro tipo di “cento” dopo qualche mese!
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